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Batterie a flusso organiche per il fotovoltaico: i dettagli sull'innovazione sostenibile

batterie a flusso

I pannelli fotovoltaici permettono di creare energia pulita direttamente da una fonte rinnovabile come il sole. Una soluzione che sta prendendo sempre più piede sia a livello casalingo che industriale. Le energie rinnovabili presentano tanti vantaggi rispetto a quelle fossili ma hanno anche un grande limite. L’energia, infatti, vene prodotta solo quando le condizioni climatiche sono favorevoli. Negli impianti fotovoltaici, per esempio, l’energia si produce quando splende il sole.

Una soluzione a questo problema è quella di realizzare uno stoccaggio delle energie rinnovabili per poter conservare l’energia prodotta in eccesso da utilizzare quando l’impianto fotovoltaico produce poca energia o non la produce affatto.

Proprio per questo è necessario che gli impianti siano collegati a sistemi di accumulo. Diverse aziende stanno anche lavorando per migliorare la capacità di stoccaggio dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. La soluzione migliore è quindi quella di utilizzare della batterie di capacità sempre crescente per accumulare l’energia in eccesso da utilizzare quando serve. La ricerca, dunque, si sta concentrando sullo sviluppo delle batterie.

Tra le soluzioni più avanzate c’è quella dell’utilizzo delle batterie a flusso che nelle ultime declinazioni possono avere anche una componente organica.

Batterie a flusso, cosa sono?

Trattasi di batterie ricaricabili composte da una cella elettrochimica e da due serbatoi contenenti due diversi elettroliti disciolti in soluzione. Dentro la cella, gli elettroliti vengono a contatto attraverso una barriera semimpermeabile in cui avviene una reazione di ossidoriduzione. Questa reazione è in grado di trasformare l’energia chimica presente nei due fluidi in energia elettrica che potrà, poi, essere utilizzata.

Nel caso delle soluzioni di accumulo, l’energia prodotta dall’impianto arriva nella cella elettrochimica e viene utilizzata per generare la stesa reazione di ossidoriduzione, in questo caso in senso inverso. I fluidi, così, torneranno ad immagazzinare energia chimica pronta per essere utilizzata.

Queste batterie, inoltre, non soffrono del fenomeno dell’autoscarica e possono essere costruite in varie potenze a seconda delle esigenze.

Normalmente, le batterie a flusso utilizzano soluzioni di sali metallici a base di vanadio e zinco con i conseguenti problemi di costo, tossicità e difficoltà di smaltimento. Ma grazie ad un’idea nata all’università di Harvard, al posto di utilizzare queste soluzioni è possibile utilizzare composti chimici organici chiamati chinoni e che non sono tossici e sono biodegradabili e presenti in abbondanza nelle piante. Inoltre, i chinoni sono già oggi utilizzati in molti farmaci e cosmetici.

La soluzione di batterie a flusso organiche può tranquillamente risolvere in maniera sostenibile molti dei problemi delle comuni batterie a flusso, soprattutto in termini di costi e di nocività. Queste speciali batterie sono ancora in fase di sviluppo ma in futuro potrebbero arrivare con successo a sostituire le classiche batterie a litio che oggi monopolizzano il settore dei sistemi di accumulo per il fotovoltaico.

 

 

Immagine: University of Hawai‘i News via Flickr